I miei libri
un'altra cosa che mi piace fare è scrivere
Un’altra cosa che mi piace- anche se quanto a numero di pagine non ho scritto poi tanto – è scrivere. Riporto qui accanto l’Introduzione del mio primo lavoro sull’Analisi Transazionale. Tenete conto che l’ho scritta nel 1997, e sicuramente da allora la conoscenza dell’AT in Italia si è molto diffusa e affermata.
Aggiungo un libro più recente (2018), “ L’esperienza del tempo”: è un libro breve – poco più di 100 pagine – ma su cui ho pensato parecchio. Riporto qui la prima pagina. Forse è uno spunto che vi può interessare.
L'analisi transazionale. Il sé e l'altro
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L’Analisi Transazionale è ormai abbastanza nota in Italia. Sono stati tradotti i testi più importanti, da Io sono OK, tu sei OK di T. Harris alle opere più tecniche di E. Berne; si sono diffusi istituti e centri di psicologia che operano ispirandosi a essa; chi ha seguito corsi di formazione aziendale ha spesso avuto modo di incontrarsi con il linguaggio dell’A.T. (come si dice e si scrive comunemente). Si ha però la sensazione che una comprensione adeguata delle tesi e degli obiettivi dell’Analisi Transazionale non sia così frequente. La semplicità stessa del linguaggio, la possibilità di una presentazione parziale, in genere dedicata ai temi della comunicazione, è un pregio ma può anche trarre in inganno. Ci si può illudere di conoscere l’Analisi Transazionale quando se ne conosce qualche schema. Eppure questi schemi sono uno strumento che condensa e visualizza ricerche più sottili e complesse, e il loro uso competente richiede il passaggio verso quelle ricerche e quella complessità. Questo libro vuol essere una traccia per seguire la genesi dell’A.T., la costruzione della sua teoria, i suoi più importanti sviluppi e le caratteristiche di almeno alcuni dei suoi orientamenti principali; l’intento è di poter essere utile anche a chi non possiede nessuna conoscenza previa dell’argomento e vi si accosta con una semplice curiosità per lo studio da un punto di vista psicologico delle vicende umane. |
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L'esperienza del tempo. Uno sguardo multidisciplinare
Riporto qui la pagina di apertura di questo libro – breve – su cui però ho pensato molto. Può darsi che lo spunto vi interessi… Il lavoro dello psicoterapeuta predispone in modo particolare alla riflessione sul tempo. La relazione terapeutica si traduce in concreto in un certo tipo di attenzione: all’altro, a sé, e a ciò che avviene tra noi due. Ma nello spazio, interiore ed esterno, che così si crea, si fa presente un terzo, che è poi lo sfondo che accoglie tutto: il tempo, appunto. Il tempo della narrazione del paziente; il tempo delle mie fantasie, con cui rispondo , involontariamente ma consapevolmente, a ciò che il paziente mi sta narrando; il tempo dell’ “ora”, quando accade, in questo momento, ciò che magari non mi aspettavo; il tempo della scelta, in cui ho da rispondere a ciò che sta avvenendo; il tempo del progetto (so che ho a disposizione, per oggi, ancora una mezzora…). All’interno di questo tempo così in movimento, che è l’ora di terapia, avviene di incontrare un tempo connotato in modo assai diverso. Vorrei iniziare la mia riflessione proprio a partire da un’esperienza di questo tipo. Anni fa ho avuto in terapia una donna sulla quarantina, che chiameremo Laura, venuta da me perché afflitta da periodi di depressione. Indubbiamente nell’anamnesi emergevano parecchi elementi che facevano un quadro coerente, ma non tale da rendere ragione del livello di malessere che Laura viveva. Aveva alle spalle una storia d’amore molto travagliata, fatta di abbandoni e di riprese, in cui Laura incarnava il ruolo della donna materna, disponibile a perdonare le colpe dell’amato, salvo poi rendersi conto ben presto (con rabbia) di quanto poco lui meritasse la propria generosità. E capace quindi di chiudersi nel rifiuto – mai definitivo, però. “ Né con te né senza di te posso vivere”:il verso di Catullo sembrava rappresentare esattamente il motto di questa storia….” Aggiungo una pagina
dal capitolo finale, dove rifletto sulle caratteristiche del momento
presente. Il momento presente non è un istante atemporale. Il presente ha una sua durata. Ma il soggetto che percepisce il momento presente non ha un’attenzione analitica – di fronte alla quale il tempo si frantumerebbe indefinitamente in parti sempre più piccole, - si pone piuttosto in una prospettiva in cui la consapevolezza, l’attenzione cosciente, è al tempo stesso un’adesione emozionale a ciò che avviene. Il momento presente ha un suo contenuto, e questo contenuto ha un’individualità, cioè un inizio e una fine, tali che rendono possibile distinguerlo da altri momenti della nostra esperienza. Il soggetto che lo vive è profondamente interessato al momento presente. Questo “interesse” fa sì che, pur appartenendo il momento presente al fluire del tempo, l’aspetto dello scorrere temporale sia meno significativo rispetto a ciò che in quel momento avviene per noi. Il momento presente è fondamentale nella vita umana; può avere un carattere decisivo per ciò che lo seguirà e, in un certo senso, anche per ciò che lo precede. E’ nel momento presente che noi attribuiamo un significato a ciò che è stato prima. Ciascuno di noi può mettere in luce, nell’attualità come nel ricordo, situazioni ricche di questa intensità di esperienza. E, naturalmente, come vedremo più avanti, le possiamo individuare all’interno della relazione terapeutica. |
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Posso aggiungere che ho in cantiere un altro libro, che si chiamerà “Dal segno al simbolo”. L’idea centrale è questa: abbiamo molti modi per comunicare, e il primo è il segno, come il grido, il riso, il pianto. Il sintomo, in cui si esprime un disagio, è anch’esso un segno che comunica, ma che chiede una soluzione non ancora trovata. La capacità simbolica va molto più in là: è la capacità di costruire un insieme di segni che, oltre al senso immediato, rimandano a un altro senso, altrettanto e più importante per chi lo vive. La riscoperta di un accordo con se stessi, quella che si cerca con la terapia, è legata alla riscoperta della propria capacità simbolica.