Perché chiedere un colloquio con uno psicoterapeuta? Spesso si ha la sensazione che il proprio disagio non possa avere una soluzione, e che dobbiamo gestirlo per conto proprio. La mia convinzione è, invece, che si possa far leva sulla socialità umana, cioè sulla capacità di aiuto reciproco tra gli esseri umani. Un aiuto che si fonda sulla riflessione che da secoli gli uomini fanno sul proprio dolore e sulla propria gioia, sulla possibilità di conoscere l’uno ma anche l‘altra. Riflessioni che nei tempi più vicini a noi si sono nutrite di ciò che un approccio scientifico ci permette di dire sulla complessità dell’uomo.


Per costruire una mia competenza in questo campo ho scelto l’Analisi Transazionale. Perché? Perché già nel nome (transazione significa scambio, quindi relazione, contatto) esprime il ruolo centrale della relazione tra gli uomini. E perché, grazie alle sue radici che affondano nella psicoanalisi, vuole fare i conti con il passato di ogni persona, anche il passato dimenticato o che sembra trascurabile. E infine perché continua testardamente ad avere fiducia nelle possibilità di cambiamento positivo che è nell’uomo. In un convegno del novembre 2018, organizzato dallo studio di cui sono socio, il Centro Berne, e dedicato a “La paura e la speranza”, ho deciso di soffermarmi su una frase di Kierkegaard, che dice: “La speranza è il coraggio di ciò che è possibile.” E’ possibile è ciò che può effettivamente realizzarsi; ma per realizzarsi richiede esattamente il nostro impegno, il mettere le nostre energie in ciò che speriamo.


Sempre in quel convegno un mio collega, Marco Mazzetti, ha riflettuto sul paradosso per cui la società italiana è molto più sicura che non venticinque anni fa, mentre la paura e il senso di insicurezza sembrano più che mai forti. Concludendo che il senso di insicurezza ha la sua vera radice nella paura di essere esclusi ed emarginati in una società sempre più complessa. Naturalmente questo rischio dell’esclusione ha anche delle motivazioni socio economiche, su cui tocca a politici ed economisti intervenire. Ma c’è anche uno spazio interiore, che si riempie della paura della solitudine, e del desiderio , spesso inascoltato, di riscoprire il nostro valore nella relazione con gli altri.


Parlo di psicoterapia individuale e di psicoterapia di gruppo. Nella prima il recupero del proprio valore si fa tra un io e un tu. Nella seconda il “gioco” delle relazioni è più complesso, in quanto i partecipanti costruiscono un “luogo” dove l’intento è la reciproca comprensione e il reciproco aiuto, dove la solidarietà diventa la cultura comune. E il terapeuta mette le sue competenze perché questa cultura dia il meglio per la crescita di ciascuno.

 

 

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