Il nuovo e l'antico
Che cosa vuol dire cambiamento?
In realtà, a terapia conclusa, spesso una persona si rende conto che ha riscoperto qualcosa che era suo. Che in fondo cambiare era un ritrovarsi.
Rimane vero che c’è comunque l’esperienza di un cambiamento. A che cosa assomiglia? In fondo, a quel qualcosa di non ben definibile che è una decisione. Uno studioso del comportamento umano, G. Gigerenzer, ha sottolineato che “la corteccia cerebrale, in cui si accende la fiamma della coscienza, è zeppa di processi inconsci, proprio come le parti più antiche del nostro cervello”(vedi G. Gigerenzer , “Decisioni intuitive”, Milano 2009, pp.16 ). Ne deriva che il cambiamento desiderato non può essere soltanto un procedimento razionale, perché “sarebbe un errore supporre che l’intelligenza sia necessariamente consapevole e razionale.”
In Analisi Transazionale la “sensazione viscerale”, di cui parla Gigerenzer in un’altra pagina, ci riporta a quello che chiamiamo il Bambino (con la maiuscola), cioè quello che di più profondo portiamo in noi dalla nostra storia personale. In psicoterapia cerchiamo di creare o favorire le condizioni perché questa sensazione e questo passaggio si verifichino. Certo, competenza del terapeuta è comprendere, attraverso ciò che il paziente ci racconta di sé ,e attraverso ciò che avviene nella stanza della terapia, che cosa ha frenato il naturale sviluppo delle potenzialità di una persona. Per questo il processo della terapia è un processo di conoscenza di sé. Ma è anche un viaggio in cui avviene qualcosa che era desiderato, ma che non sapevamo bene quando e come sarebbe avvenuto.